IL PRETORE
   Letti  gli  atti  del  fascicolo  relativo  al  ricorso per decreto
 ingiuntivo presentato  dalla  Fad  Fabriano  Autoadesivi  S.p.a.,  ha
 emesso la seguente ordinanza;
                                Premesso
     che  con  il  ricorso  per  decreto  ingiuntivo  di  cui sopra la
 societa' ricorrente esponeva di  vantare  un  credito  nei  confronti
 della  Garoufalis Dimitrios con sede in Dervenakion 7 Kokkinos Milos,
 Anarnai Attiki (Grecia);
     che  il  ricorrente  allegava  alla  documentazione  prodotta,  a
 supporto delle proprie richieste per la concessione del provvedimento
 anche  in  presenza  di un debitore con sede all'estero, la pronuncia
 della Corte di giustizia delle Comunita'  europee  (13  luglio  1995,
 causa c-474/93);
     che  il  pretore,  esaminati  gli atti del fascicolo, ritiene che
 nulla osti alla concessione del provvedimento monitorio,  se  non  il
 preciso  disposto  dell'art. 633, ultimo comma del c.p.c. che dispone
 che l'ingiunzione non puo' essere  pronunciata  se  la  notificazione
 all'intimato  di  cui  all'art.  643 c.p.c. deve avvenire fuori dalla
 Repubblica.
   Tanto   premesso,   rileva   innanzitutto   come  la  questione  di
 illegittimita' costituzionale della norma sopra richiamata  sia  gia'
 stata  oggetto di rimessione alla Corte, la quale ha anche dichiarato
 la sua manifesta infondatezza (ordinanza n. 364 del 27 giugno  1989).
 Nondimeno,  rileva  questo  pretore  come  la  questione debba essere
 riproposta, anche e soprattutto alla luce  dei  principi  di  diritto
 comunitario  vigenti  in  materia,  i  quali  pur se non direttamente
 cogenti, offrono una chiara interpretazione della fattispecie.
   Va prima di  tutto  sottolineato  come  questo  pretore  non  possa
 provvedere  direttamente  alla  disapplicazione  della  norma interna
 sulla base della pronuncia della Corte di giustizia. In primo  luogo,
 si  tratta  di  una  pronuncia  che  si  e' limitata a statuire sulla
 perfetta compatibilita' del procedimento  monitorio  della  procedura
 civile italiana con i principi comunitari, ma nulla ha esplicitamente
 detto  circa la compatibilita' del divieto di concessione del decreto
 quando sia da effettuarsi notifica all'estero, sia  pure  nell'ambito
 comunitario.
   In  secondo  luogo,  la  Corte  di giustizia appare pur sempre come
 organo  con  funzioni  interpretative  (sia  pure   con   particolare
 preminenza ed autorevolezza) e non creative di diritto comunitario.
   Peraltro,  una  volta  posto  bene  in  chiaro  che il procedimento
 monitorio e' equiparabile in tutto e per tutto - come si evince dalla
 pronuncia della Corte di giustizia - a qualsiasi altro  provvedimento
 giurisdizionale,  nell'ambito  comunitario, occorre anche svolgere le
 necessarie conseguenti considerazioni.
   E'  infatti  evidente  che  l'operatore  economico  interno  appare
 fortemente  penalizzato,  nel  momento  in cui non puo' adeguatamente
 tutelare il suo credito quando il debitore  si  trova  all'estero,  e
 tale  osservazione  appare tanto piu' stringente ove si consideri che
 spesso, come nella presente fattispecie, si  tratta  di  crediti  per
 fornitura merce, rispetto ai quali lo strumento principale di tutela,
 per  le  sue  caratteristiche di speditezza e semplicita', e' proprio
 quello del decreto ingiuntivo.
    Ne' puo' validamente argomentarsi la differenziazione che  in  tal
 modo  si viene a creare facendo riferimento alle maggiori cautele che
 impone la notifica all'estero di un atto,  laddove  e'  evidente  che
 tali  maggiori  cautele  intanto  possono  ritenersi condivisibili in
 quanto  puo'  fondarsi  una  distinzione  tra  decreto  ingiuntivo  e
 qualsiasi  altro  provvedimento  giurisdizionale,  al  momento  della
 notifica all'estero. Ma, per l'appunto, tale distinzione, ai fini  di
 garanzia  del  destinatario  della  notifica,  e' esclusa recisamente
 dalla pronuncia  della  Corte  di  giustizia  nella  pronuncia  sopra
 richiamata.
   L'incongruenza della specifica limitazione prevista dal legislatore
 del 1940 viene esaltata anche dal raffronto che puo' essere fatto con
 l'analogo  provvedimento  di  ingiunzione  in  corso di causa ex art.
 186-ter  c.p.c.,  rispetto  a  cui  la  pronunciabilita'  non  rivela
 preclusioni  di sorta, neanche nei confronti del convenuto contumace.
 Tale incongruenza e' stata peraltro sottolineata dalla dottrina.
   In conclusione la non manifesta infondatezza della norma denunciata
 si evidenzia in riferimento:
     all'art. 3  Cost.  ed  al  criterio  di  ragionevolezza  ad  esso
 sotteso,   nel   momento  in  cui  pone  un'incongrua  disparita'  di
 trattamento a) tra chi richiede il decreto  ingiuntivo  ex  art.  633
 c.p.c.  e  chi richiede l'ordinanza ex art. 186-ter nei confronti del
 residente  all'estero;  b)  tra  lo  straniero  che  si avvale di una
 procedura sommaria equipollente ed appartenente ad  uno  degli  stati
 membri della Comunita', il quale puo' ottenere e notificare in Italia
 il  provvedimento  giurisdizionale,  ed  il cittadino italiano che al
 contrario chiede la procedura nei confronti  di  un  residente  negli
 altri  stati della Comunita'; c) tra chi si avvale di qualsiasi altra
 procedura giurisdizionale civile, italiana o meno, e  chi  si  avvale
 della procedura monitoria di cui all'art. 633 c.p.c.;
     all'art.  24  Cost.,  in  quanto  non permette all'interessato di
 agire per la tutela del  suo  credito  con  tutti  i  mezzi  previsti
 dall'ordinamento,  escludendo senza alcuna idonea motivazione proprio
 quel  procedimento  monitorio   che   appare   tipicamente   previsto
 dall'ordinamento in caso di fornitura di merci non pagate;
     all'art.   41  Cost.,  in  quanto  viene  di  fatto  imposta  una
 restrizione all'attivita' economica, rifiutandosi immotivatamente una
 tutela proprio in quei rapporti di interscambio che  hanno  raggiunto
 un'elevata  frequenza,  soprattutto  in  certe  zone  del  territorio
 nazionale.  Con  l'ulteriore  conseguenza,   pure   sottolineata   in
 proposito   dalla  dottrina,  di  indurre  il  cittadino  italiano  o
 l'impresa italiana a concludere  contratti  con  soggetti  residenti,
 disincentivando i rapporti commerciali con l'estero ed i rapporti tra
 gli Stati membri della Comunita'.